Arriviamo alle 08.50, bella struttura con giardino curato, persone assorte nei loro pensieri stazionano sulle panchine, qualcuno cammina nervosamente, a testa bassa come alla ricerca di qualcosa che forse ha perso.
Nella prima stanza c’è scritto Accoglienza, ma all’interno ci sono molte persone e stanno parlando in inglese. Accenno una domanda, ma in quel momento sono tutti troppo indaffarati, passo alla stanza successiva. Frettolosamente mi dicono di rivolgermi alla stanza precedente, io invece proseguo e alla porta successiva chiedo informazioni. Fortunatamente sono già avvisati del nostro arrivo e mi dicono che il medico arriverà.
Ritorniamo in giardino, ci sediamo e aspettiamo, ogni tanto arriva qualcuno, e noi siamo seduti là e come spettatori osserviamo.
L’adrenalina comincia piano piano a salire, tra una sigaretta e l’altra l’agitazione cresce e la finta calma se ne va lasciando spazio a mille dubbi, gli occhi si asciugano presto e la mente si oscura, c’è bisogno urgente di parlare con qualcuno.
Sono le dieci e ritorniamo alla carica con la persona gentile che ci ha detto di aspettare, il quale scusandosi dice che il medico sta facendo una visita esterna e che dobbiamo avere pazienza. Noi ritorniamo in giardino.
Inizia a piovere, il cielo si è chiuso e tutto sembra più grigio, anche le nostre facce.
Cerchiamo di parlare per non far pesare troppo i silenzi, ma le parole escono a fatica, i nervi sono ormai a fior di pelle, la rabbia prende il sopravvento, e dopo due conati di vomito e due lacrime, un pugno sferza l’aria e va ad abbattersi sul bidone della spazzatura.
Ormai tutta la ruggine dei vecchi problemi mai risolti è in superficie, bisogna pulire, raschiare, mettere a nudo tutto quanto, altrimenti non si può andare avanti.
Uno sfogo sudato e tremante mi investe, è un urlo di dolore che impreca e chiede aiuto, ma allo stesso tempo non vuole sottomettersi. Una valanga di emozioni mi sconvolge e la razionalità non esiste più. Io ho paura. Paura per lui che sta male, paura per me che non so se sono in grado di affrontare tutto ciò, paura di quel luogo, dove ci sentiamo intrusi e fuori posto, paura perché il dopo è un’incognita.
Sono le undici e ancora una volta entro e chiedo se il medico è arrivato, ma ricevo ancora una risposta negativa. Per fortuna un dottore, che deve aver notato la nostra presenza, mi rassicura dicendo che di lì a poco ci avrebbe chiamato. Dopo un breve incontro il medico smentisce la diagnosi fatta precedentemente da altri tre medici e la nostra perplessità e insicurezza crescono ancora di più! Ce ne andiamo stanchi, avviliti, con ancora più dubbi di prima. Mentre guido la paura riprende la sua postazione in prima linea e non mi permette di pensare lucidamente. Che cosa ne sarà di te, avrai la forza di combattere tutto ciò, ti perdonerai per il male che ti sei fatto nascondendoti per anni dietro ad una vita agiata e tranquilla?
Te lo auguro amico mio.
EVA
La paura, la paura del non sapere, la paura del non capire, la paura del non capirsi e del non essere capito, la paura di vivere. La paura di se stessi.
Questo si prova quando ci si trova in certi luoghi, in certi luoghi per certi versi nuovi e diversi, non sbagliati per noi stessi, ma semplicemente diversi dalla nostra solita routine.
Sì, la routine della vita, quella che ogni giorno ti spinge ad andare avanti a vivere o per tante persone meno fortunate a sopravvivere.
Questo accade, un giorno di giugno, un giorno strano, di sole e pioggia, un giorno che non ti saresti mai aspettato di vivere, ma quel giorno arriva. Arriva come un pugno nello stomaco, uno di quei pugni che non avresti mai pensato di prendere.
Ho un appuntamento fissato in un luogo che nessuno vorrebbe mai visitare, un luogo che per alcuni significa salvezza, ma nel mio caso significa sconfitta. Sconfitta perché nonostante tutte le gioie che la vita mi ha dato mi ritrovo lì.
Arrivo in un luogo che sembra tutto meno quello che è: lungomare di Trieste, vicino ad uno dei più belli e importanti alberghi della città, un luogo pacifico, ma pur sempre un luogo di tristezza.
E io sono là, seduto in un giardino curatissimo in attesa del mio turno, sfiorando con lo sguardo le persone che mi circondano, cercando inconsciamente di non “offendere” nessuno, respirando l’odore del mare e cercando di portare la mente da un’altra parte.
Ma io sono là.
Sono là ad aspettare che qualcuno ascolti i miei problemi, che qualcuno abbia nel cassetto la bacchetta magica e che toccandomi sulla testa faccia tutto tornare alla normalità… ma so benissimo che non è così.
E l’ansia mi assale, l’angoscia mi assale e provo un senso di rabbia, di frustrazione, di malessere, che sfocia in pianti, in conati di vomito e sento il bisogno di sfogare la mia rabbia contro un povero bottino dell’immondizia che ha sicuramente una vita peggiore della mia raccogliendo “merda” tutto il giorno.
Ma io sono là.
Sento il bisogno di fuggire, di scappare, ma ringrazio il cielo di avere qualcuno vicino che sta affrontando con me tutto questo, che è lì ad attendere con me questo mio fatidico turno.
E adesso siamo là, siamo là in due, non sono più da solo.
Ho una persona che, sfortunatamente per lei, mi vuole bene, mi abbraccia, mi ascolta… anzi più che ascoltarmi raccoglie tutte le mie imprecazioni e le sentenze che sputo sul mondo e sulle persone che mi circondano, che cerca di comprendere il mio stato d’animo e che quando le chiedi beviamo una cosa per tiraci un po’ su lo fa perché mi vuole bene e non perché mi fa bene.
E siamo sempre là, in attesa, il sole è andato, è arrivata la pioggia, ma a noi non interessa anzi ci ridiamo su. Mancava solo la pioggia.
E attendiamo, attendiamo che tocchi a noi.
E finalmente il momento arriva, ma quando il momento arriva la mia tristezza, la mia angoscia è sparita e ha lasciato spazio alla rabbia, alla frustrazione, alle bestemmie verso una situazione che non senti più tua.
L’impatto non è dei migliori, forse perché sia io che la dottoressa non avevamo una buonissima giornata, poi complice la mia “simpatia” (o forse le due birre) la situazione rientra e riusciamo anche a strapparci mezzo sorriso.
Posso dire adesso a mente quasi lucida, a cosa è servito tutto questo. A capire che esiste una persona che mi vuole veramente bene, nonostante il nostro burrascoso passato.
A capire che a quasi 40 anni è arrivato il momento di tirar fuori le palle e combattere i miei fantasmi.
A capire che i problemi vanno affrontati e non messi da parte sperando passino.
A capire che chi ha problemi trova strutture, medici e assistenza che possono aiutare senza per forza ricorrere a soluzione estreme.
Beh, forse qualcos’altro ho capito… un pugno al bottino fa anche male…
E rieccomi qua.
Secondo appuntamento. Diluvio universale. Nemmeno Noè si sarebbe fidato a mettere l’arca in mare.
Arrivo con un’ora di anticipo, colpa della bicicletta che va troppo veloce o che tra la stazione e il C.S.M. non c’è un bar.
Arrivo, un ragazzo mi chiede una sigaretta… l’ultima che ho… la cedo quasi volentieri… cazzo che strano effetto fa ‘sto posto !!!
Mi siedo al coperto e ammiro la cura del giardino e la pioggia che ormai è un muro d’acqua. Almeno fosse spritz meriterebbe una sorsata.
Attendo e penso. Anzi scrivo… scrivo che paradossalmente oggi mi sento bene, quasi a mio agio in questo luogo… bestemmio perché piove ma così è la vita… bestemmio perché non ho sigarette… ma così è la vita.
Attendo con ansia la dottoressa, la dottoressa con cui l’altra volta non abbiamo avuto un ottimo approccio e non vedo l’ora di scusarmi con lei per il mio atteggiamento “pazzo” e strafottente, poi penso: “Chissà quanti peggio ne avrà visti e chissà quanti non se la saranno cagata minimamente”.
Tengo d’occhio la bici legata al palo… non si sa mai… esce un ragazzo, mi saluta, e mi dice… tu non sei un fumatore? … e gli dico sì e gli chiedo perché… e lui mi dice che vedendomi non si direbbe… mah… strano ‘sto posto.
Chiacchiero con lui, chiacchiero con altri, altri che non avrei mai cagato… sempre più strano ‘sto posto.
Eppure il tempo passa quasi serenamente… piú che ‘sto posto diventa strana la vita…
La vita che ti fa così bello narciso sereno e forse figo… e poi ti porta qua… alla fine siamo tutti un po’ strani, siamo tutti un po’ insani… ma in fin dei conti chissenefrega… piove non ho sigarette ma comunque sto bene…
Strana no la vita ?!!!!
CHRIS